Questo Novecento by Vittorio Foa

Questo Novecento by Vittorio Foa

autore:Vittorio Foa [Foa, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


L’Italia repubblicana e la mens costituente

1945-1948

La repubblica era arrivata in Italia il 2 giugno 1946 con un referendum popolare. Lo stesso giorno gli italiani avevano eletto l’Assemblea costituente che, in un anno e mezzo, aveva scritto la Costituzione ancora in vigore. Non ci fu grande scarto di voti fra repubblica e monarchia: 12,7 milioni di voti alla repubblica, 10,7 milioni alla monarchia. La vittoria sembrava fragile. Per giunta il risultato fu diverso al nord e al sud. Al nord il 60 per cento dei voti andò alla repubblica, al sud la stessa percentuale andò alla monarchia. E invece la repubblica ha permeato pacificamente di sé tutta la vita italiana, non vi sono stati movimenti di restaurazione e neppure partiti monarchici rilevanti. La repubblica è passata in modo indolore. E in cinquant’anni non è mai comparso qualcuno a proporre di tornare al re. Perché tanta stabilità? Si poteva pensare (e lo pensai anche io) che la nuova repubblica non creava problemi perché assomigliava troppo alla vecchia monarchia. Eugenio Scalfari ha ricordato una lettera che gli scrisse allora Italo Calvino: «tu sei liberale e vuoi votare monarchia, io sono comunista e voto repubblica: guarda, non cambierà nulla, puoi votare tranquillamente repubblica!» Ed era abbastanza vero: la repubblica arrivava quando la vecchia Italia si era riassestata dopo l’umiliazione della guerra: la burocrazia, l’esercito, il sistema delle imprese, le gerarchie sociali erano rientrate nella norma. Ma c’erano anche altre ragioni. Pur nell’asprezza del contrasto politico, anzi proprio per questo, era forte il bisogno di stabilità e di unità a livello nazionale. La vittoria della repubblica significò una prova di coesione nazionale, nella novità. La repubblica ha affermato l’elemento ideale, culturale della responsabilità degli italiani. Mentre la monarchia richiamava un’autorità precostituita.

Sulla repubblica mi consento una piccola parentesi. Accade che mi chiedano: quando avete fatto questa repubblica che vi sembrava cosí bella e armoniosa pensavate che potesse diventare cosí brutta, con la mafia, con la corruzione che ha inquinato la politica, con imputati corrotti che cercano di incriminare i loro giudici, coi partiti (che erano gli architravi della democrazia) che parlano a vuoto, colla disoccupazione che è peggio di allora? O al contrario, capita che mi chiedano: quando avete fatto la repubblica con tante difficoltà e tanto travaglio, avete pensato che questa povera Italia cosí rovinata potesse in pochi decenni arrivare al vertice della modernità, grande fra i pochi grandi d’Europa, con uno sconvolgente sviluppo del modo di produrre e di consumare? Sono domande di pura fantasia. Non vi è alcun rapporto di dipendenza meccanica fra le scelte del 1943-46 e la situazione attuale. Certo, quelle scelte hanno avuto la loro influenza, ma in mezzo vi sono cinquant’anni di responsabilità individuali e collettive.

Si può anche andare piú lontano nel tempo. Le cause del bene o del male della repubblica sarebbero tutte ricondotte al passato, alla storia. Spesso si dice che questa repubblica, con tutti i suoi mali, è figlia di un passato già malato. È un vecchio discorso pessimista, di destra e di sinistra insieme. Si



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